Oggi, se si scampa alle maggiori cause di morte, i tumori, le malattie cardiovascolari, se si mantiene un cervello accettabilmente efficiente, il problema è vivere il meglio possibile una vecchiaia che è sempre più protratta. Una delle cause maggiori di un decadimento pesante e triste per chi lo vive in prima persona e per chi gli è vicino, è la capacità motoria.
Se tale affermazione è facilmente ed immediatamente intuibile, per ragioni ancora non del tutto chiare risulta anche essere l’aspetto cruciale che condiziona anche la vulnerabilità alle malattie, alle infezioni, al decadimento cognitivo. Una situazione questa che coinvolge circa il 17% dei soggetti di età superiore ai 65 anni. E’ stata infatti introdotta ed accettata l’esistenza di una vera e propria sindrome, la “sindrome di fragilità” (frailty syndrome).
Tecnicamente è una diminuita capacità dell’individuo di adattarsi ad una diversa richiesta funzionale, ad uno stress, a causa di una perdita delle riserve funzionali. In medicina per “stress” si intende una richiesta funzionale aumentata rispetto alla norma, quindi in medicina è stress una malattia, uno sforzo psichico o fisico, un contatto con un agente infettivo, un virus o un batterio, alla fila di un supermercato, su un mezzo pubblico, nella conversazione con un conoscente. Ma sono stress, anche importanti e violenti come vedremo, una prolungata immobilizzazione a letto (sono sufficienti 5-10 giorni, il tempo di un’influenza o una bronchite), un viaggio lungo e faticoso, sbalzi di temperatura ecc. In sintesi, qualsiasi cambiamento costituisce uno stress.
Un soggetto si considera affetto da tale patologia quando si ha una perdita di peso non voluta e progressiva, un rallentamento del passo, perdita di forza, affaticamento anomalo e non da cause specifiche (es. cardiopatie o problemi respiratori), consumo calorico quotidiano diminuito. Naturalmente tutti questi valori vanno valutati in base al sesso, all’altezza, al peso del soggetto.
Si è nella sindrome, se 3 dei 5 punti sono alterati, e in uno stadio di pre-fragilità (traduzione letterale di “pre-frailty”) se 1 dei 5 è fuori norma.
Un soggetto affetto da tale sindrome può “non stare male”, può cioè non avere dolori o altri problemi di salute significativi, per tale ragione lo sviluppo della SF può passare inosservato.
Un ampio studio, su oltre 5000 soggetti di età superiore ai 65 anni, ha evidenziato come circa il 27% di quelli in sindrome di fragilità (SF) non presentava altre malattie concomitanti (comorbidità), né aveva limitazioni nelle piccole attività quotidiane, come lavarsi, prendersi cura della propria persona, nutrirsi, spostarsi dal letto al bagno, alla poltrona, salire e scendere le scale (ADL). Tuttavia, essere in tale sindrome ha implicazioni importanti, in quanto ci sono probabilità molto più alte di un rapido peggioramento e di un’aspettativa di vita minore rispetto a chi non è in tale situazione. Nello studio precedente, 7 anni dopo lo studio erano deceduti il 43% dei soggetti in piena sindrome, il 23% di quelli classificati in pre-sindrome e solo il 12% degli altri (in nessuno stadio di fragilità). Una percentuale del 27% non è altissima, ma neppure bassa.
Quali sono le cause della Sindrome da Fragilità? Conoscendole, possiamo evitarle, o ridurle, minimizzandole. Non c’è ancora un quadro completo delle cause, tuttavia alcuni aspetti importanti sono stati identificati.
Si tratta certamente di una malattia che origina dall’azione concomitante di diverse cause. D’altra parte, è abbastanza ovvio che “avere una buona vecchiaia” dipende da molti e numerosi fattori. In fondo la SF, per il senso comune, non è altro che un comune invecchiamento che supera alcuni livelli di allarme, superati i quali il deterioramento è rapido e fatale.
Ecco allora che all’origine della sindrome da fragilità troviamo diverse cause, alcune ovvie, altre meno.
Età crescete, genetica, malattie intercorrenti che indeboliscono il soggetto, ambiente che ci circonda, stile di vita. Non possiamo fermare il tempo, né modificare il nostro DNA. Possiamo avere cura della nostra salute, e soprattutto possiamo fare attenzione agli stili di vita e all’ambiente. Cause queste ultime che sempre più acquistano peso nel progredire della ricerca.
Malattie acute o croniche, come interventi chirurgici, cardiopatie, malattie respiratorie certamente possono accelerare il decadimento senile e spingere verso un quadro di SF. In generale uno stress acuto, analogamente, uno stress cronico da malattia, quale una cardiopatia, un quadro ipertensivo, un diabete mal bilanciato, un enfisema, un quadro asmatico cronico, patologie renali, possono sviluppare una SF (si rimanda a questa review per approfondimenti). Abbastanza chiara e stretta la relazione è stata evidenziata tra obesità e SF (si rimanda a questa review per approfondimenti).
L’obesità è un quadro ai confini tra la malattia, la genetica, gli stili di vita. Questi ultimi di particolare interesse, perché come vedremo, fondamentali sia per contrastare questa sindrome, sia per prevenirla.
Gli stili di vita, le abitudini, rappresentano al momento il fattore su cui possiamo agire. È importante osservare che le abitudini, in quanto tali, prima si acquisiscono, più facilmente diventano parte di noi, più si rimanda, più difficilmente le acquisiremo.
Le basi per una buona qualità della vecchiaia si pongono presto.
Lo schema seguente riassume le principali cause determinanti o favorenti l’insorgenza della SF e gli apparati che sono coinvolti.
Dallo schema si vede come siano 3 gli apparati principalmente coinvolti.
Sarà quindi necessario descrivere attraverso quali meccanismi questi tre apparati sono coinvolti e come agiscono, per poi avvicinarsi a capire come si possa scivolare in tali stati e quali aspetti della vecchiaia sono fisiologici e inevitabili, come l’imbiancamento dei capelli, quali sono invece frutto di stili di vita sbagliati.
Negli stili di vita risulta centrale l’attività fisica, intesa non necessariamente come sport, ma, come vedremo, nel semplice camminare, uscire qualche volta nella settimana dalle strade che si percorrono tutti i giorni intorno a casa. La centralità di un’attività motoria modesta, anche minima, ma regolare risulta tale da influenzare significativamente, anche se in modo non ancora chiaro, le funzioni cognitive (memoria, capacità di seguire un filo logico). L’attività motoria delle 24 ore, pur non essendo certamente l’unico fattore, appare come determinante nel possibile sviluppo della SF, innescando una serie di meccanismi che sono oggi riconosciuti essere alla base del problema.
L’attività fisica determina infatti lo stato dei muscoli, delle articolazioni, sollecita positivamente l’apparato endocrino e cardiovascolare che, a loro volta, influenzano positivamente il sistema muscolare e articolare
Vedremo a seguire i dettagli di tutto questo, come questo quadro tenda spontaneamente a peggiorare se non si introducono correttivi e quali correttivi si possono introdurre.